venerdì 26 giugno 2015

Prelievo forzoso, allarme M5S: il Pd lo sta preparando

Se c’è una cosa che tormenta gli italiani ancora di più della suocera che viene a pranzo di domenica, questa cosa è il prelievo forzoso. Già sperimentato sulla nostra pelle ai tempi di Giuliano Amato, è un timore atavico per l’italiano svegliarsi una bella mattina con meno soldi sul conto in banca (chi ce l’ha ancora…).
Purtroppo non è soltanto una paranoia nostrana: il prelievo forzoso è una solida realtà, sperimentata anche altrove di recente (Cipro 2013), temutissimo inGrecia dove si è già consumata e continuauna miliardaria corsa agli sportelli, persino preannunciato nei mesi scorsi da Ignazio Visco, presidente della Banca d’Italia (““Bisogna informare i clienti che pagheranno anche loro per il salvataggio delle banche”.)
Fatta questa premessa, vi spieghiamo perché siamo tornati a parlare di prelievo forzoso. Il M5S, proprio fra ieri e oggi, ha lanciato un allarme per le novità inquietanti sul fronte prelievo forzoso, sia con un comunicato di M5S Camera, sia con due post della portavoce Carla Ruocco e del portavoce Daniele Pesco.
Vi riportiamo di seguito tutto il materiale.
prelievo forzoso

Bail-In approvato in Comm. Finanze. Italia come Cipro: se la banca fallisce paghi tu (fonte)

“Si chiama direttiva europea 2014/59/UE. Significa, brutalmente, che dal 1 gennaio 2016 se la vostra banca va in crisi dovrete pagare voi con i vostri conti correnti, azioni e obbligazioni. Oggi con limite superiore a 100 mila euro, ma si potrebbe finire a 30 mila come già in Germania.
Se ricordate, è la stessa cosa che successe qualche anno fa a Cipro: per evitare il fallimento delle banche si rastrellarono i soldi dei risparmiatori con un bail-in, e questa bella idea piacque così tanto all’Europa che si decise di farla adottare a tutti quanti.
Naturalmente la direttiva va prima ratificata dai Parlamenti nazionali, con il solito finto rispetto della democrazia a cui ci ha abituato l’Unione. E siccome qui in Italia non ci sono Varoufakis a disposizione, ma solo Zerbinakis in servizio permanente effettivo, ecco che puntualmente la Commissione Finanze alla Camera (a maggioranza PD) si affretta zelante ad approvare quanto ordinato.
A breve in aula per l’approvazione definitiva. Tutto ciò in barba ad ogni buonsenso, alla Costituzione e persino alle più recenti parole del Papa. I giornali opportunamente tacciono. Tra qualche mese diventeremo tutti soci delle banche, ma sia chiaro, sempre con le consuete regole contrattuali: se le perdite saranno di tutti, i profitti restano i loro.” (Fonte: M5S Camera)

Si va verso il prelievo forzoso istituzionalizzato (post di Carla Ruocco,fonte)

Oggi (25 giugno 2015 ndr) in Commissione Finanze si è discusso del Bail-In.
Dietro al termine inglese si nasconde il ben noto “prelievo forzoso” direttamente dai conti correnti.
ll Governo sta facendo propria la “direttiva europea” affinché questo meccanismo sia inserito nella legislazione italiana (al momento non c’è e non è previsto neanche dal nostro codice civile).
Il bail-in (salvataggio delle banche con “risorse interne”), segue e sostituisce il ”bail-out” che prevedeva i salvataggi attingendo dalle casse dello Stato “esterne” alle banche.
Nel momento in cui si prospetterà il fallimento, ogni volta che le banche saranno in difficoltà finanziarie potranno attingere da subito dagli investimenti degli azionisti e poi dai risparmi dei correntisti.
Al momento la soglia sotto la quale non si potrà prelevare è fissata a 100’000 euro (fissato il principio sarà facile abbassare poi il limite).
La cosa che più stupisce (e insospettisce) è il termine perentorio con cui l’Europa ha imposto all’Italia di adottare questa legge: entro 60 giorni. Il Senato ha già approvato, ora tocca alla Camera.
Tutta questa fretta fa nascere il sospetto che in un futuro prossimo ci saranno difficoltà, turbolenze a livello bancario e questi provvedimenti mirano a tutelare gli istituti di credito.
Altro argomento di discussione in Commissione è stato quello riguardante le indagini sui derivati.
Per chi è meno pratico un derivato è “un contratto il cui valore dipende da quello di un’altra attività o da un parametro finanziario, ad esempio da un indice di borsa ma anche da un tasso d’interesse o da un tasso di cambio. I derivati sono una specie di assicurazione e di solito, a parte i casi di speculazione finanziaria, vengono acquistati da chi vuole tutelarsi contro un determinato rischio.”
Il Direttore Generale del Tesoro La Via in commissione ha detto che “un ricorso massiccio ai derivati per ridurre il costo del debito pubblico potrebbe essere visto come una occasione irripetibile, ma in questa situazione di bassi tassi è difficile trovare controparti disposte ad assumere un tale rischio di tasso di lungo periodo. Per cui oggi il rischio di tasso è gestibile, senza i derivati, con l’emissione di titoli a più lunga scadenza come si è già fatto nei primi sei mesi di quest’anno”.
Nonostante questo atteggiamento apparentemente prudente, i circa 160/170 miliardi di euro di prodotti finanziari derivati in pancia allo stato italiano impongono necessariamente attenzione da parte nostra (vista anche la loro costante crescita).
Tra l’altro le grosse anomalie riscontrate dalla Corte dei Conti negli enti locali, come Regioni e Province in materia di derivati, lasciano tutt’altro che tranquilli.
Nonostante anni di rigore, austerity e tasse, lo stato di salute della finanza pubblica italiana non tende assolutamente al sereno.

PRELIEVO FORZOSO SUI CONTI CORRENTI: FIERO DI ESSERE TRA QUELLI DEL NO (Fonte)

Ieri si è consumata una delle giornate più tristi della commissione finanze della Camera in quanto si poteva tutti insieme alzare la testa e dire un NO CATEGORICO a questa scelta europea di scaricare sui risparmiatori le responsabilità di manager bancari spregiudicati.
Ma non è andata così, quando è arrivato il momento di esprimere il parere sul recepimento di diverse direttive europee tra cui la 2014 59 UE che prevede il prelievo forzoso per azionisti, obbligazionisti e correntisti sopra ai 100 mila euro, la maggioranza non ha battuto ciglio ed ha espresso parere favorevole.
NOI NO
Qui di seguito il nostro parere
COMMISSIONE VI
PROPOSTA DI PARERE
La Commissione,
premesso che:
la Legge di delegazione europea 2014 – delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione Europea dispone il recepimento di 58 direttive europee, l’adeguamento della normativa nazionale a 6 regolamenti europei, nonché, l’attuazione di 10 decisioni quadro;
considerato che:
l’articolo 4 delega il Governo ad emanare, entro dodici mesi dall’entrata in vigore della norma in esame, le norme occorrenti all’adeguamento della normativa nazionale a seguito dell’entrata in vigore del regolamento (UE) n. 1024/2013 che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi;
la Banca centrale europea è un organo dotato di personalità giuridica e di indipendenza assoluta rispetto alle istituzioni nazionali ed europee ed è partecipata dalle banche centrali degli Stati membri;
tra i compiti della Banca centrale europea si riscontra la determinazione dei tassi d’interesse di riferimento per l’area dell’Euro ed il controllo della massa monetaria, la gestione delle riserve in valuta estera finalizzata a garantire l’equilibrio dei tassi di cambio, il monitoraggio dei prezzi al fine di tenere sotto controllo l’inflazione;
si rileva, in particolar modo, che la Banca centrale europea risulta partecipata anche dalle Banche centrali di Stati che non hanno aderito all’Euro e che dispongono di sistemi di oscillazione delle valute entro intervalli più o meno limitati come ad esempio la Danimarca, la Svezia ed il Regno Unito;
la Danimarca dispone di un Accordo Europeo di Cambio mentre la Svezia, il Regno Unito, l’Ungheria, la Croazia, la Polonia, la Bulgaria, la Romania e la Repubblica Ceca non dispongono di un Accordo Europeo di Cambio. Fatta eccezione per la Danimarca ed il Regno Unito che dispongono di un opt-out in materia di unione economica e monetaria, gli altri Stati membri citati hanno rinviato a distanza di anni ovvero a tempo indeterminato l’adesione all’Euro;
si evidenzia che il processo di unificazione economica e monetaria non è ancora completato e l’esistenza di più sistemi di oscillazione delle valute tra le singole valute nazionali degli Stati membri è pregiudizievole per la stabilità economica e finanziaria degli Stati membri che hanno aderito all’Euro, per tal motivo le disposizioni del regolamento (UE) n. 1024/2013 che attribuiscono alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi, in aggiunta ai compiti di cui già dispone la Banca centrale europea sono eccessivi e poco coerenti al contesto economico e monetario europeo e potrebbero pregiudicare definitivamente le peculiarità finanziarie dei singoli Stati membri su cui si fondano le relative economie;
ritenuto che:
l’articolo 8 delega il Governo a recepire, nell’ordinamento interno, la direttiva 2014/59/UE sul risanamento e della risoluzione del settore creditizio e degli intermediari finanziari.
la direttiva 2014/59/UE prevede che le disposizioni in materia di bail-in si applichino a decorrere dal 1 gennaio 2016 e disciplina il meccanismo di svalutazione forzosa delle azioni e del debito delle banche nelle ipotesi di crisi finanziarie e la conversione del debito della banca in capitale di rischio;
le disposizioni della richiamata direttiva violano palesemente le norme della Costituzione repubblicana ed in particolar modo l’articolo 47 della stessa il quale dispone: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito”;
il concetto di tutela del risparmio – tra l’altro in tutte le sue forme – non certo prevede che ignari risparmiatori risolvano le crisi finanziarie delle banche, seppur generate da condotte irresponsabili dei soggetti che ricoprano i ruoli apicali della gestione delle medesime banche. L’individuazione di nuove e più rigide funzioni di vigilanza nonché ampi poteri di intervento delle Banche centrali degli Stati membri di carattere cautelativo e preposti alla integrità del sistema finanziario nel suo complesso sembrerebbero, in linea di principio, del tutto condivisibili, ed in linea con la necessità della Repubblica di disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito, così come previsto dall’articolo 47 della Costituzione; estendere, invece, ai risparmiatori l’onere economico di risolvere le crisi finanziare prodotte da manager ed amministratori – dai lauti compensi e retribuzioni – non solo risulta del tutto immorale ma entra in conflitto con il compito – costituzionale – della Repubblica tutelare il risparmio in tutte le sue forme;
le disposizioni relative al bail-in prevedono esclusivamente la risoluzione delle crisi finanziarie delle banche con i depositi dei risparmiatori ma non consentono agli stessi di partecipare alla ripartizione dell’utile netto della banca, qualora di valore positivo, e per tal motivo rappresenta una ingiusta compressione dei diritti fondamentali dell’individuo e dei valori tutelati costituzionalmente come il risparmio e la proprietà privata;
il processo di armonizzazione tra gli Stati membri in materia di armonizzazione della disciplina dei sistemi di garanzia potrebbe indurre i competenti organi europei a ridurre notevolmente il valore delle stesse adeguandolo ad importi inferiori previsti da altri Stati membri;
il valore complessivo della garanzia è indicato esclusivamente nella direttiva 2014/59/UE, e la stessa non attribuisce nessuna facoltà agli Stati membri di individuare un valore di garanzia superiore . La previsione di sistemi di garanzia preposti alla tutela dei depositi, per il loro valore complessivo, escluderebbe la necessità sia di interventi di bail-out che di bail-in;
considerato che:
molti Stati membri dell’Unione Europea:
intendono ridefinire le condizioni di adesione al progetto dell’Unione Europea come la Gran Bretagna guidata dal Primo ministro David Cameron;
non intendono rinunciare agli opt-out contratti (13 opt-out attualmente in vigore che interessano 6 Stati membri);
non intendono completare il processo di unificazione economica e monetaria dell’Unione Europea;
molti dei vincoli giuridici, economici e monetari imposti dai competenti organi dell’Unione Europea mal si conciliano con le peculiarità del sistema economico e finanziario della Repubblica italiana e rendono difficile la permanenza di Stati membri come la Grecia che avrebbero necessità di maggiori spazi finanziari per rilanciare l’economia interna;
i rigidi vincoli del patto di stabilità e crescita e la mancata adesione da parte di alcuni dei richiamati Stati membri legittima un regime economico, finanziario e monetario del tutto impari che paradossalmente, piuttosto che agevolare la cooperazione pacifica tra gli Stati membri, consente a quest’ultimi di porre in essere diverse politiche economiche e fiscali aumentando il divario tra gli stessi Stati membri e favorendo gli Stati non aderenti all’Euro ed al patto di stabilità e crescita-:
esprime parere
NEGATIVO
Deputato Pesco
Deputato Villarosa
Deputato Alberti
Deputato Ruocco
Deputato Fico
Deputato Pisano

Nessun commento:

Posta un commento